» Articoli - 17 maggio 2004
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L’islamizzazione del computer
Quando, una decina d’anni fa, feci un lungo
viaggio nelle città sante dell’Islam, partendo da Casablanca,
passando per Isfan e Najaf, per finire a Samarcanda e tra i Sufi
di Buhara, tutti i pensatori musulmani che ebbi modo di incontrare
si stavano arrovellando su un problema: “Come islamizzare
il computer”.
Questa formula racchiudeva molti significati. In
primo luogo, sottintendeva genericamente l’idea di superare
il gap tecnologico con l’Occidente, senza rinunciare ai principi
del Corano, ma scendendo più nel particolare proponeva altri
due temi: come creare, via Internet, una ummah (comunità
dei credenti) che collegasse i tanti musulmani sparsi per il mondo
e sottoposti alla tentazione edonistica del capitalismo e -ancora
più importante- come usare il computer per una ricerca continua
che consolidasse la religione islamica come elemento consustanziale
al mondo arabo e come motore d’espansione.
Per quanto riguarda Internet, sappiamo com’è
andata finora. I siti si sono moltiplicati, da Muslim Online
a Cybermuslim da Islamicity a Islam webring
per non citarne che alcuni. C’è anche chi fa riferimento
direttamente all’idea iniziale di comunità nella fede,
ma, come sostiene uno dei massimi studiosi del fenomeno (Oliver
Roy. Global Muslim. Feltrinelli) questi siti si rivolgono
soprattutto a un pubblico sradicato, spesso in cerca di un’identità
soprannazionale. Chi ha fatto di Internet un uso più pragmatico
e redditizio è Bin Laden, che se ne serve per il reclutamento
di combattenti e per il traffico d’armi, ma che non mira agli
obiettivi religiosi di chi cercava la ummah mondiale.
Resta da vedere se i due filoni finiranno per fondersi,
in nome della guerra santa all’Occidente, cosa non facile
dato l’orientamento moderato di gran parte dei siti alimentati
da musulmani residenti all’estero, soprattutto in Inghilterra.
Nel campo dell’uso del computer come strumento
di indagine sulle idee ci sono invece delle novità. Tanto
gli Emirati Arabi come la Malaysia hanno inviato speciali commissioni,
prima in Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti, per visitare i centri
informatici delle grandi Università e per poi ordinarne impianti
computeristici “possibilmente ancor più potenti”
all’IBM.
Fatto questo, un’altra speciale commissione
è partita da Singapore per Londra dove ha contattato un celebre
accademico gallese inventore dell’Organic Knowledge Management,
un programma-sistema che consente indagini a vasto raggio per la
ricerca degli archetipi culturali di una comunità.
L’inventore, che ha già collaudato
nel Galles il suo metodo, ha, di fatto, ceduto una metodologia computerizzata
che funziona così: nel paese soggetto all’indagine,
si sguinzagliano decine di ricercatori incaricati di creare dei
“circoli narrativi” tra persone delle più svariate
estrazioni sociali.
All’interno di questi circoli, vengono raccolte,
attraverso colloqui, centinaia di storie ancestrali, racconti popolari,
credenze religiose, insomma di “archetipi” culturali
spesso caduti in disuso o lasciati alla tradizione verbale. Questa
raccolta di dati (story telling) viene poi elaborata attraverso
uno speciale programma computeristico in modo da selezionare le
tendenze di pensiero più radicate nella popolazione.
Sulla scorta di questi risultati, che richiederanno,
secondo le previsioni, dai 10 ai 15 anni, Singapore, che ha già
stanziato i fondi per l’esperimento e che si presta a fare
da modello ad altri paesi arabi, riuscirà a capire –
come dice il programma – che cosa c’è nel cuore
e nella mente degli abitanti della Malaysia. Ottenuto questo risultato,
il governo intende servirsi di questa ricerca per produrre libri,
film, dispense scolastiche, e persino cartoni animati, insomma una
vera operazione nazionale di acculturamento basata sullo sfruttamento
degli “archetipi”.
Naturalmente, chiunque applichi questa nuova meraviglia
dell’informatica, potrà sempre decidere, d’accordo
col governo, di scegliere quali archetipi siano accettabili politicamente
e quali da ignorare.
Il programma offre tutta la gamma delle procedure:
ricercatori per le story circles, archetipi e temi emergenti
indicizzati, tecniche preconfigurate per la realizzazione delle
storie da trasferire nei media, profili di narrazione.
Altri Paesi islamici si sono già fatti avanti
per l’adozione dell’Organic Knowledge Management.
La domanda è: quali archetipi verranno approvati e quali
no? Una volta scoperto che cosa c’è “nella mente
e nel cuore” del mondo arabo e islamico, su quali archetipi
verrà impostata una campagna gigantesca di indottrinamento?
A seconda di come si usi il nuovo strumento informatico, potrà
variare la nuova acculturazione massiccia ipotizzata per i prossimi
anni.
Verranno scelti gli archetipi dell’Islam misericordioso,
soccorritore del prossimo, portatore di amore o quelli, che pure
esistono nella memoria ancestrale dei musulmani, della conquista,
delle conversioni a fil di scimitarra, della guerra santa intesa
non nel senso coranico ma in quello che va per la maggiore in questi
giorni? L’islamizzazione del computer lascia aperte molte
porte.
Di fatto, i due usi del computer sono complementari.
Se quello che passa per Internet si basa sulla semplicità
propedeutica, insegnando ai fratelli lontani quelle regole di base
che in patria avrebbero ricevuto dalla famiglia, la ricerca degli
archetipi da tradurre in nuovo materiale mediatico consente un lavoro
all’interno come all’esterno dei paesi interessati e
può consentire scelte ideologiche molto più profonde
ed incisive.