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La donna dell'orso

Romanzo

(Di seguito si propongono il testo in quarta di copertina e l'incipit)

Testo in quarta di copertina

Copertina libro - La donna dell'orso - Lucio LamiLa Russia della Rivoluzione d'Ottobre vista dalla parte dei controrivoluzionari, già descritta dieci anni fa da Roberto Pazzi in Cercando l'Imperatore, è lo scenario caotico e inquietante di questo estroso romanzo di Lucio Lami che ha per protagonista Michelazzo, orsante giramondo dalla Val di Taro alla Siberia, e sua moglie Adina, coraggiosa compagna illusa e delusa da un sogno avventuroso che si rivela una devastante follia.
Picaresca e tragica, favolosa e microstorica, la narrazione di Lami inquadra la corsa sbandata di due artisti di piazza alla conquista di un orso siberiano nella sbandata fuga dei transfughi dalla Russia rossa verso Vladivostok e le ultime navi per l'Europa.

(N.B. Il testo è quello che compare nella prima edizione Camunia del 1996)

 

1. (Incipit)

Giovanni Maracci, detto «Marasca», era ritornato a casa da cinque giorni, ma l'eccitazione dei paesani non si placava: ai muri erano persino comparsi dei manifesti bianchi, con il tricolore in un angolo, che lo salutavano come l'eroe della Julia, scampato dalla ritirata di Russia, alpino di ferro che, a un anno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, aveva saputo ritrovare la via di casa, lungo la verde vallata del Taro.

Dopo una robusta cura di sonno, aveva ripreso a frequentare la stessa osteria di prima della guerra, e ogni sera, dopo qualche bicchiere, raccontava le sue avventure di soldato, così come gli tornavano alla mente, senza troppe enfasi o coloriture. Ma fin dalla prima sera, l'attenzione dei compaesani si era concentrata sullo strano episodio di Rikovo e tutti pretendevano, di volta in volta, maggiori particolari.

«Sei proprio sicuro che fosse l'Adina?»
«Mi cascassero gli occhi! Eravamo in quattro o cinque, accovacciati presso un'isba un po' isolata, quando sul sentiero innevato passa una vecchia col fazzoletto in testa e i valenki ai piedi. Butta un' occhiata su di noi poi, d'improvviso, si ferma, mi guarda fisso in volto e dice nel dialetto nostro: "Tu sei un Maracci". "Sì" dico io, "e voi chi siete?" Dice: "Sono l'Adina, quella che faceva ballare l'orso. E tu sei il ritratto di tuo padre Toni"».
«Ti ha detto proprio così, "quella che faceva ballare l'orso"?»
«Così».
«E aveva un piccolo neo tra le sopracciglia?»
«Ce l'aveva».
«E quanti anni dimostrava?»
«Che ne so, tra i sessanta e i sessantacinque».

A notte fonda gli uomini tornavano alle loro case, svegliavano le mogli e con aria di complicità dicevano loro: «Lo sai? Il Marasca ha incontrato l'Adina dell'orso, in Russia, due anni fa».

L'indomani, le donne si vedevano al mercato e discutevano. «Il Marasca ha preso freddo alla testa, chissà che cosa ha inteso».
«Macché freddo, era proprio lei. Qui in paese nessuno ha mai creduto alla storia del Michelazzo. I vecchi ricordano ancora l'anno che tornò solo dalla Russia: non aveva più la moglie, ma non portava il lutto e aveva tanti soldi che diceva di voler allestire una compagnia di scimmiari e di domatori di cavalli».
La ciarla lievitava di giorno in giorno, tanto che il Marasca cominciò a rifiutarsi di tornare sull' argomento: «Sono storie passate, inutile ricamarci sopra». Ma quella sua ritrosia non faceva che aumentare la curiosità. «Secondo me» dicevano molti, «il Marasca dovrebbe salire a Carniglia. Dovrebbe andare a trovare il vecchio Michelazzo e dirgli in faccia: "Ho visto tua moglie in Russia, la storia che hai raccontato sulla sua fine non sta in piedi"».

L'arciprete, consultato in proposito, aveva sentenziato: «Può darsi che il Marasca fosse in preda alle allucinazioni, dovute al gelo, e inoltre non è neppure certo che avesse conosciuto prima quella donna: su così labili indizi non si può riaprire un caso archiviato dalla legge più di quarant'anni fa».

La gente sembrava già preparata ad accettare la tesi del prete, sia pure a malincuore, quando un sabato, in pieno giorno di mercato, fu visto il Pinin, il nipote di Adina, traversare il paese con la solita aria torva e dirigersi spedito alla caserma dei carabinieri. «Me lo immaginavo» disse il messo comunale, arrivando al bar, «adesso salta fuori la faccenda dell' eredità e della medaglia del Sultano».

Fu così che il maresciallo dei carabinieri mandò a chiamare il Michelazzo, pregandolo di scendere in paese, dove non lo si vedeva da mesi: se la camminata lo avesse preoccupato, per via dell'età, una camionetta era a disposizione per prelevarlo. Con suo comodo, beninteso.

Michelazzo abitava in una casa di pietra, poco lontano dal paese, su un poggetto a mezza costa dove batteva sempre il sole. La strada che passava accanto alla sua abitazione scendeva dalla montagna e per secoli era stata battuta dai boscaioli e dai carbonai, ma proprio in quegli anni era stata sostituita da un'altra, più ampia e meno impervia, tracciata sull'altro lato del poggio, sicché, caduta in disuso, era stata quasi cancellata dalla vegetazione, salvo il tratto che dal villaggio saliva alla casa di pietra: Michelazzo si era preso l'arbitrio di sbarrarla con delle pertiche, verso monte, poi, per aumentare il suo isolamento, aveva smesso di tenere in ordine, lungo i confini della proprietà, quei sieponi di pruni e noccioli che, infestati di liane, erano ormai diventati una muraglia impenetrabile.

La donna dell'orso. Romanzo.
di Lucio Lami
160 pag., euro 14,00 (al 13 agosto 2007)
Libri Scheiwiller, 2003 (collana Prosa)
ISBN: 9788876443626
1a ed. Camunia, 1996
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