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Racconti senza dogana
Giovani scrittori per la nuova Europa. Edizione
multilingue
(Di seguito si propone la presentazione a Budapest
del curatore)
Mentre
si procede a dotare l'Europa di una Costituzione, a pochi sfugge
che questa Europa dei trattati non è l'Europa della politeia.
Il discorso sulle radici culturali, sullo spirito europeo è
ancora tutto da verificare. Le direttive economiche fissate a Maastricht
, la creazione dell’Euro, la ricerca di una legislazione comune
costituiscono solo l'avvio per la formazione di una nuova Europa
che, evidentemente, deve trovare la sua anima. Solo la cultura può
avviare questa ricerca perché, come diceva Ionesco, "gli
uomini politici non conoscono l'importanza della cultura. Nel nostro
mondo despiritualizzato, la cultura è ancora l'ultima cosa
che ci permette di superare il mondo quotidiano e di riunire gli
uomini. La cultura unisce gli uomini, la politica, spesso, li separa".
E quando parlo di cultura, più
che alludere alla scienza che già procede, al braccio dell'economia,
alla costruzione del grande apparato comunitario, alludo all'umanesimo
che parla con la voce della filosofia, delle lettere, della poesia.
Tocca agli uomini di pensiero soffiare lo spirito nel grande robot
economico e scientifico che spesso ci lascia attoniti e perplessi.
Tocca agli uomini di pensiero e in particolare ai giovani, promuovere
questa ricerca dell'identità, senza la quale l'Europa sarebbe
poco più di un accorpamento di uffici contabili.
L'antologia di giovani autori europei
che oggi presentiamo rientra nell'alveo di questa ricerca. Voluta
dal Ministero degli Affari Esteri italiano, ha almeno due obiettivi.
Innanzi tutto quello di compiere un gesto significativo nel momento
in cui l'Italia gestisce il suo semestre al vertice della Comunità
europea. In secondo luogo, quello di attuare uno dei primi tentativi
per coinvolgere i giovani scrittori dei 25 Paesi della nuova Europa
in un impegno corale che supera i confini nazionali. E' stata quindi
conseguente l'idea di far gestire l'antologia dal P.E.N. Club italiano
e, suo tramite, dai P.E.N. europei, in collaborazione con gli Istituti
Italiani di Cultura, proprio perché il P.E.N. International
è statutariamente super partes e dalla sua fondazione
(1921) persegue la libertà dello scrittore e il "superamento
dei confini" in ambito culturale.
Ai giovani autori, la cui selezione
è frutto della collaborazione tra Istituti Italiani di Cultura
e P.E.N. europei, è stata data massima libertà nella
scelta delle tematiche per i loro racconti, tenendo tuttavia come
sottofondo il motivo ispiratore della "identità europea".
Un tema che viene da molto lontano e che è oggetto di discussione
tra chi auspica la nascita dell'homo novus (l’”europeo”)
e chi sostiene che la linfa culturale della comunità non
può che emergere dalla sintesi delle culture locali, preservate
nella loro essenza.
Popper raccomandava: "dobbiamo
accettare la sfida della società aperta, altrimenti dovremmo
ritornare alla tribù". Darendorf gli rispondeva che
"gli europei vogliono un ambiente etnico omogeneo, la nazione,
non nel senso di Stato nazionale, ma in quello di comunanza culturale".
Jobert sosteneva che "le necessità economiche non sono
sempre compatibili con quelle culturali". Lo storico Furet
profetizzava che "i Paesi dell 'Est avrebbero posto in termini
particolari il problema sull'identità dell'Europa dopo le
tragedie del ventesimo secolo". Il suo collega Geremek si chiedeva
quanto potesse impunemente spostarsi all'Est il confine europeo,
soprattutto culturalmente.
Da un lato c'è chi pensa che
l'Europa culturale è già quasi fatta, grazie alla
facilità dei trasporti, dei mezzi di comunicazione e all'abitudine
dei giovani di spostarsi di Paese in Paese, per gli studi o per
turismo. Dall'altro c'è chi si rivela titubante, quasi temendo
un inquinamento delle fonti secolari, attraverso la perdita d'identità.
Infine c'è chi teme che un eccesso d'etnicismo condanni la
cultura alla regressione.
A guardar bene stiamo ripercorrendo
strade antiche che partono dal Medioevo, lungo le quali, nel corso
dei secoli, s'incontrano le vecchie vestigia dell'europeismo. Si
pensi all'Europa latinocristiana di Novalis, all'idea di Curtius
di letteratura europea come un tutt'unico fondato sulla latinità.
E si pensi alla concezione opposta di Guizot o di Morin, che rifiutava
l'idea di sintesi europea: "Tutto ciò che semplifica
l'Europa -idealizzazione, astrazione, riduzione - la mutila. L'Europa
è un complexus il cui carattere è di riunire
insieme, senza confonderle, le più grandi diversità
e di associare i contrari in maniera non separabile".
Di queste speranze come di queste perplessità
si trova l'intero ventaglio nel racconti spesso metaforici qui pubblicati,
anche nei più evasivi.
Leggendoli, ci si accorge di come la
ricerca di identità sia faticosa, tanto che a volte si ripensa
a Hegel, secondo il quale "un popolo senza metafisica è
come un tempio senza il sacro", a volte si riflette sul fatto
che l'uomo odierno si occupa più di ciò che ha
che non di ciò che è. A volte ci si rende
conto che la nostra generazione ha lasciato ai giovani un'eredità
confusa, fatta di fallimenti, che rende la ricerca dell'identità
difficile e dolorosa. E tuttavia già affiora quell'interculturalismo
grazia al quale si può guardare a una futura unio multiplex,
senza abbandonare le radici storiche che passano per l'ellenismo,
l'eredità romana, l'ebraismo, il cristianesimo, risalendo
fino agli scossoni dell'illuminismo e della dea Ragione.
Ciò che maggiormente mi ha colpito
di quest'antologia, al di là dei valori letterari non sempre
omogenei, è che essa si presenta come una carota geologica
della nuova cultura europea in evoluzione.
C'è l'evidente problematica aperta
dell'identità, (si leggano la slovena Polona Galvan, la tedesca
Jana Simon), c'è il profondo sentimento delle radici, soprattutto
nel Nord.Est (nella finlandese Emma Puikkonen, nell'ungherese Marian
Grupa), l'esame di una possibile tipologia europea e del suo alter
ego (nella tedesca Jana Simon, nel greco Michailis Michailidis,
nell'olandese Floor Haakman), le problematiche a sfondo politico,
come il primato dell'instaurazione della giustizia (nel portoghese
Gonzalo M. Tavares, nel ceco Pavel Verner), il sentimento dell'insofferenza,
generato al peso del quotidiano (nell'italiano Lecca, nell'austriaca
Heidi Pruger, nello spagnolo Luis Manuel Ruiz), un sentimento che
si esaspera quando riguarda gli esuli (nel belga Nicolas Ancion),
ci sono i timori per gli eccessi della tecnologia, dell'inquinamento,
dello strapotere informativo (nell'estone Andrus Kivirahk, nel cipriota
Stefanos Stavrides), ci sono tutte le incertezze, le perplessità
delle giovani generazioni (nella danese Kim Blaesbierg), la riscoperta
della famiglia (nell'inglese Frederik Whyte e nel maltese Immanuel
Mifsud), il senso dell'instabilità e la ricerca di un porto
affettivo (nell'irlandese Léan Ni Chuilleanain e nella lettone
Inga Bele) i problemi esistenziali nella nuova vita moderna (nel
lituano Tomas Staniulis e nella svedese Anna Sarelin), c'è
il complesso rapporto con l'America (nello slovacco Marian Gupa
e in molti altri).
L'antologia rivela anche l'intreccio
di scatole cinesi nel quale si districa la nuova cultura giovanile
europea, che tutto assorbe dal villaggio globale ma che tutto adatta
al suo modo di vivere e di pensare e che tutto torna ad esportare.
Si sente forte il respiro dell'Europa, di quella nuova e di quella
di sempre. È un respiro un po' affannoso, ma la cosa non
deve allarmarci. Per anni i gemiti dell'Europa ci sono apparsi come
i segnali di una gravidanza isterica. Queste prime doglie devono
renderci fiduciosi.
-» Racconti
senza dogana. (Antologia). Giovani scrittori per la nuova Europa.
Edizione multilingue
a cura di Lucio Lami
411 pag., euro 18,00 (all'aprile 2008)
Gremese Editore, 2003
ISBN: 9788884402721
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